fbpx

Una memoria di Mario Pomilio contenuta nella raccolta questamarsica a cura di Romolo Liberale (Edizioni dell’Urbe, 1981).

Memoria del Fucino

Che cosa ha potuto essere il Fucino per un giovane studente cresciuto ad Avezzano tra il 1930 e il 1940? Le lunghe file di pioppi? Le strade dritte e lunghissime, allora piene di polvere d’estate, e di fango d’inverno, ma pure occasione di grandi corse in bicicletta? Il fascino del canale collettore, a quel tempo verdissimo? Lo scroscio dell’acqua sotto il Madonnone dell’Incile e il mistero della galleria sotterranea che la portava a riversarsi nel Liri con una cascata allora bellissima (ora secca) che lasciava intravedere la galleria scavata dai Romani? Le lunghe fila di carretti che trasportavano in autunno le barbabietole allo zuccherificio? Le storie che ci raccontavano a scuola circa il prosciugamento, e più tardi le pagine di Tacito circa i lavori ordinati dall’imperatore Claudio, con la battaglia navale svoltasi nel lago prima dell’apertura delle gallerie? La visita ai cunicoli (di Nerone, li chiamavano) fatta inerpicandosi sulle sterpaglie per gettar l’occhio nello stretto imbuto che finiva paurosamente nel sottosuolo?

Per anni per me il Fucino è stato tutto questo insieme (e solo questo): un paesaggio e una favola. Più tardi, dopo l’università e la guerra, ho aperto gli occhi su altro, sulla fame di terra dei contadini che vivevano nei paesi torno torno il comprensorio, sul loro istinto sociale, sui loro bisogni, e la storia di quegli anni è entrata a far parte della mia storia personale. E spesso dopo d’allora ho pensato al Fucino come ad una specie di scuola, per quel che mi ha insegnato, per come mi ha rovesciato problematiche e prospettive: una scuola nel senso sociale, ma anche nel senso dell’umiltà. Vi ho appreso un linguaggio, vi ho capito sentimenti, ho potuto spogliarmi di almeno una parte della mia crosta di giovane intellettuale. Perché il Fucino, per come lo conosciamo noi che veniamo di lì, è più d’un luogo o d’un paesaggio: è una condizione, a creare la quale si sono date la mano la geografia e la storia; e gli uomini soprattutto, che l’hanno modellata e vi si sono modellati in maniera tanto diversa da come è potuto accadere altrove.