Proverbi e detti avezzanesi – 2° volume
Autori:
Ugo Buzzelli
Nino Mai
Anno:
1989
Casa Editrice:
Banca Popolare della Marsica
Dall’introduzione di Mario Pomilio al volume Proverbi e detti avezzanesi:
E, giustamente, mi raccontavano Mai e Buzzelli di essere andati a “tirar le reti” di questi detti, di queste espressioni, con l’idea di portare a salvamento qualcosa, prima che andassero perduti i testimoni ultimi, con la sensazione cioè di lavorare quasi su un’ultima sponda, col timore che, scomparsa una certa generazione, di questa “autenticità” della parlata avezzanese si perdessero le tracce. Leggendo questi motti, questi proverbi, queste espressioni, questi modi di dire, ad un certo punto li ambientavo mentalmente sulla scia, sul ricordo di qualcuna delle fotografie di Avezzano di prima del terremoto (ciascuno di noi ne ha vista qualcuna), l’ambientavo in quelle strade, in quei vicoli, in quelle piazze e mi pareva di percepire le voci del mercato, le voci delle comari che si incontravano, le voci delle donne che andavano a cogliere l’acqua alla fontana, le voci degli artigiani, le voci dei contadini che rientravano dalla campagna la sera – e sia anche – fin quando c’è stato il lago del Fucino, le stesse voci dei pescatori che erano andati a pesca o magari di qualche pastore che ritornava dalle montagne.
Mi pareva di assistere al brulicare intimo, concreto di questa vita reale.
Non solo la civiltà del parlare per comunicare, ma qualcosa di simile ad una letteratura.
Una selezione di proverbi e detti:
713 – È bbèlla la vìta se ddurésse.
777 – J’amóre và ē vvè cómme jje vénne.
377 – Me sènde tùtte scifrecàte. (Non sentirsi bene)
897 – I sórdi sò ffàtte pe spènne.
838 – Je mórte pòrta je vìve (Sognando un morto si riceverà una visita)
210 – Che sse dìce a ste mùnne? (Era l’inizio di una conversazione)
212 – Scì sparàte, angóra càmbe? (Forma benevola di saluto, nel rivedere qualcuno dopo molto tempo)
804 – Chi à cucinàte, che scucinésse. (Chi ha fatto il torto, lo ripari)
516 – Sóle i féssa se stàne a lla càsa. (Si deve sempre osare)
606 – Vàrda sèmbre ‘nnànže, màje arrète.
478 – L’òne ascìsa ajje seggiōlóne. (Antica usanza avezzanese. Quando una donna doveva sposarsi, per un mese era dispensata da qualsiasi fatica, in modo da arrivare al matrimonio riposata e… ingentilita, pronta ad affrontare una nuova vita)