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Alan Lomax è stato qui – Aielli 1954

La voce del sacrestano di Aielli si spande con un’eco ipnotica nella chiesa vuota. Siamo nel 1954, e nel piccolo borgo abruzzese sono appena arrivate due persone che da diversi mesi stanno raccogliendo voci e suoni dell’Italia per uno studio sulla tradizione musicale del nostro paese. Viaggiano con un pulmino Volkswagen pieno di attrezzatura. Uno di loro è il prof. Diego Carpitella, antropologo calabrese, collega e collaboratore di Ernesto De Martino.
L’altro è americano, si chiama Alan Lomax.
Alan Lomax nasce a Austin, in Texas, il 31 gennaio del 1915.  Suo padre John era un musicologo, pioniere delle primissime raccolte di musica popolare statunitense. Tra il 1933 e il 1942 avevano lavorato fianco a fianco per registrare i canti dei lavoratori nei campi di cotone, i blues del delta del Mississippi e le ballate dei penitenziari. Un contributo, quello di padre e figlio, fondamentale all’affermazione del genere folk anche nella grande distribuzione discografica. A venticinque anni Alan Lomax poteva vantare collaborazioni con alcuni tra i più grandi autori americani, tra cui Woody Guthrie e Pete Seeger, con i quali aveva curato un’antologia di canzoni di protesta: Hard Hitting Songs for Hard-Hit People. Subito dopo essere stato inserito nella blacklist del Red Channels (la lista dove venivano segnalati soggetti potenzialmente vicini al partito comunista), Alan Lomax partì alla volta dell’Inghilterra, prima tappa di un lungo soggiorno in Europa che gli permise di ampliare il suo archivio musicale. In Spagna la sua ricerca si scontrò con la volontà del regime franchista di ottenere la registrazione delle musiche raccolte sul campo e di sottoporle al controllo delle autorità. Lomax riuscì a sviare dalle manovre del governo autoritario, registrando un numero impressionante di canzoni senza badare alla presenza costante della Guardia Civil che seguiva i suoi spostamenti. Il successo di questa spedizione fu entusiasmante: anche i grandi artisti americani ne assorbirono l’influenza. L’esempio più importante è certamente quello di Sketches of Spain (Miles Davis e Gil Evans), pietra miliare dell’incontro tra jazz e sonorità folk.

Pochi mesi dopo Alan Lomax arrivò in Italia, nel 1954, per condurre una ricerca di un anno lungo tutto la penisola. L’ “Americano“, come veniva chiamato dai paesani che lo circondavano nei suoi spostamenti, iniziò il suo lavoro partendo dalla Sicilia, dove il ricordo della guerra era ancora vivido e l’insofferenza verso gli statunitensi ancora palpabile. In un pomeriggio di luglio riuscì ad assistere all’ interpretazione di un cantastorie, intento a riprodurre le gesta di Rolando. Seduto su una seggiola e armato di spada, il giullare di Palermo intratteneva un pubblico numeroso e poverissimo, ma che conosceva perfettamente i passi del cantastorie.

Risalendo lo stivale ebbe modo di conoscere il regista Vittorio De Seta, che proprio in quel periodo stava girando un documentario intitolato Lu tempu di li pisci spata. Tra i due ci fu uno scambio di reciproca ammirazione e le registrazioni di Lomax furono usate nel film. Anche Pier Paolo Pasolini ebbe modo di ascoltare i nastri del ricercatore statunitense e utilizzò le registrazioni condotte in Campania per musicare il suo Decameron, anche se la pellicola non menzionava Lomax per il suo contributo. Nei suoi quaderni, Alan Lomax non mancava di appuntare alcune righe sull’ospitalità riservata a questa inedita carovana. Spesso non venivano accettati i soldi che lui e Carpitella offrivano ai musicisti arruolati nei piccoli paesi di provincia, preferendo, magari, di condividere una bottiglia di vino. Nelle osterie di Vergato, in provincia di Bologna, furono accompagnati dal partigiano Sergio “Gino” Sarti alla ricerca dei canti più autentici della tradizione emiliana.

Alan Lomax

Nel dicembre del 1954 Lomax e Carpitella arrivano in Abruzzo. Registrano 62 tracce tra il 3 dicembre e il 7 dicembre, fermandosi a Rocca di Mezzo, Aielli, Scanno (qui il racconto di Gotico Abruzzese) , Caldari, Vasto, Pescocostanzo, S.Stefano di Sessanio e Castel del Monte.

Quando si fermano ad Aielli decidono di registrare i canti del sacrestano del paese nella Chiesa Parrocchiale di San Giuseppe. Grazie al Laboratorio storico Don Andrea Di Pietro sappiamo che il sacrestano si chiamava Bartolomeo Angelitti e che presumibilmente è la persona immortalata da Lomax in questi tre scatti. Gli estratti dei brani sono presenti sul sito della Bibliomediateca dell’Accademia Nazionale di Santa Cecilia, il brano “Venite Adoremus” invece è presente integralmente nella raccolta Italian Treasury – Abruzzo della Alan Lomax Collection. 

Perdonami mio Dio

da Bartolomeo Angelitti | Alan Lomax in Abruzzo - 1954

Tutto è vanità

da Bartolomeo Angelitti | Alan Lomax in Abruzzo - 1954

O bambino mio divino

da Bartolomeo Angelitti | Alan Lomax in Abruzzo - 1954

Grazie all’enorme lavoro di Lomax e Carpitella abbiamo la possibilità di conoscere e studiare quella che è stata la tradizione musicale del nostro paese, poco prima che iniziasse velocemente a frammentarsi e disperdersi. Non sappiamo il motivo che spinse i due ricercatori a fermarsi proprio ad Aielli prima di proseguire verso Scanno, eppure un legame singolare unisce Lomax all’attuale progetto di Borgo Universo:
23 anni dopo, su invito di Carl Sagan, Alan Lomax collaborò nella creazione di quello che sarebbe diventato il Golden Record, ovvero un disco contenente voci, suoni, immagini e musiche provenienti dalla Terra, pensato come testimonianza della civiltà umana. Il disco venne lanciato assieme alle sonde Voyager, progettate per oltrepassare i confini del nostro Sistema solare. Lomax selezionò 15 delle 27 tracce incluse nel disco, tra cui un canto dei Navajo, le percussioni del Senegal, due canzoni degli aborigeni australiani, Melancholy Blues di Louis Armstrong, Dark Was The Night di Blind Willie Johnson e Johnny B. Goode di Chuck Berry. In una lettera di Carl Sagan a Lomax si legge:

Crediamo che rendere disponibile al pubblico un album discografico identico nel contenuto al Golden Record stimolerà gli ascoltatori a esaminare la nostra civiltà e la nostra cultura in modo da riflettere su come desideriamo essere rappresentati nel Cosmo. Inoltre, potrebbe essere per molte persone un primo approccio ad alcune delle diversità e della qualità della musica sulla Terra.
Sotto la sua copertura protettiva il Golden Record avrà probabilmente una vita di un miliardo di anni. È improbabile che molti altri artefatti dell’umanità sopravviveranno per un periodo di tempo così prodigioso; è chiaro, per esempio, che la maggior parte degli attuali continenti sarà dissolto e scomparso da allora. L’inserimento delle selezioni musicali sulla Voyager assicura per loro una sorta di immortalità che non potrebbe essere raggiunta
in qualsiasi altro modo.

Carl Sagan – Lettera a Alan Lomax – 6 giugno 1977 (Library of Congress)

Le sonde Voyager impiegheranno decine di migliaia di anni prima di raggiungere il prossimo sistema solare. Il senso di un’impresa del genere, come scrive Sagan, si realizza nell’avvicinare le persone alla grande varietà culturale che abita la Terra, rendendola unica in tutto l’Universo. E il contributo di Alan Lomax, in questa ricerca, è stato fondamentale.