L’ultimo Olivo del Fucino
Le fotografie di Aldo Beltrame nella Marsica
Quando scendo dalla macchina per andare a incontrare Aldo Beltrame sono in anticipo. Ne approfitto per fare un giro del quartiere dove vive e riempirmi le orecchie dei suoni in cui è nuovamente immerso. Sono le voci dei bambini che giocano nei cortili, finalmente liberi di uscire. Da poche settimane in Italia non è più obbligatorio restare chiusi in casa per contenere la diffusione da Covid-19; il cielo è pieno di rondini e ogni passo pesa come una fragile concessione.
Prima di suonare al campanello cerco di ripassare le domande che gli voglio rivolgere:
Come è arrivato ad Avezzano? Che cosa lo ha portato qui?
E perché in questa città nessuno sa nulla di lui?
Nemmeno io sapevo nulla di lui, fino a poco tempo fa.
Condominio Avezzano ©Aldo Beltrame / CRAF
Le foto di Aldo Beltrame hanno iniziato a scorrere davanti ai miei occhi durante un pomeriggio di aprile, nel silenzio immobile dell’emergenza: un bambino che suona il flauto passeggiando nel sole, le casette del Fucino immerse nella polvere, l’ospedale di Avezzano e i suoi corridoi, gli autobus fermi ad aspettare davanti al cimitero, il carnevale in piazza Risorgimento, i riflessi sulle facce delle persone davanti ai focaracci della Pietraquaria. Un fiume di immagini in bianco e nero di luoghi conosciuti e familiari, trovate per caso nell’archivio digitale del CRAF – Centro Ricerca e Archiviazione della Fotografia.
Fuori Fucino ©Aldo Beltrame / CRAF
Il CRAF è una delle realtà più importanti in Italia per la storia, la tutela e la valorizzazione della fotografia. Ha sede a Spilimbergo, Friuli-Venezia Giulia, la città dove, nel 1955, venne fondato un vero e proprio Gruppo attorno al primo e unico “manifesto” della fotografia neorealista. In un paragrafo si leggeva: Il “Gruppo Friulano per una Nuova Fotografia”, ispirandosi alle naturali esigenze della storia degli uomini, vuole agire attraverso una fotografia che sia documentazione poetica dell’umanità che gli vive attorno. Il testo era corredato da 7 fotografie inedite e dalle 7 biografie dei fondatori. La prima firma era proprio quella di Aldo Beltrame, classe 1932. Seguivano quelle di Carlo Bevilacqua, Gianni e Jano Borghesan, Toni Del Tin, Fulvio Roiter e Italo Zannier. Dopo pochi anni si aggiunsero quelle di Nino Migliori, Luciano Ferri, Gianni Berengo Gardin e Giuseppe “Bepi” Bruno. Il Gruppo Friulano per una Nuova Fotografia rappresentava una vera novità nel panorama culturale italiano, una scossa che venne accolta con fastidio da molti critici; su una pagina del Corriere Veneto di allora campeggiava questo titolo: “Infelice annuncio dell’avvento di una ‘nuova fotografia’ ”.
Focaracci Pietraquaria ©Aldo Beltrame / CRAF
Oltre ai suoi scatti e alle informazioni che riesco a trovare in rete, su Aldo Beltrame non ho altre notizie, non so nemmeno che faccia abbia. Quando contatto la segreteria del CRAF arriva la sorpresa più inaspettata: Aldo Beltrame vive ad Avezzano.
Lo trovo seduto al tavolo della sua casa, circondato dai libri e dai ricordi appesi alle pareti. Ad accogliermi è sua moglie Paola, anche lei di Spilimbergo come Aldo. Ai tempi del Gruppo, racconta Aldo, lui era l’unico ad avere un’automobile, una Topolino. Nel fine settimana caricava il rullino nella sua Sunflex e partiva senza una meta prestabilita, alla scoperta del Friuli. Fin da subito ha voluto raccontare la vita umile delle persone, sempre coerente con le sue idee e con la lezione dei grandi maestri come Robert Capa e Werner Bischof. “Parlare la realtà con la realtà stessa. Questa è la lingua fotografica,” dice Aldo,“senza ritocchi, senza filtri.”
Condominio Avezzano ©Aldo Beltrame / CRAF
È dalla voce di Paola che arriva, poco dopo, il racconto del loro arrivo ad Avezzano: alcuni anni dopo essersi sposati, lei e Aldo avevano deciso di lasciare Spilimbergo per iniziare altrove una nuova vita assieme ai lori figli. La meta doveva essere il Brasile. Un cambio di vita assolutamente radicale, vissuto all’inizio con convincimento e fervore, poi abbandonato per le preoccupazioni delle famiglie e in favore di una maggiore sicurezza lavorativa. L’avventura in Brasile si è così trasformata in un trasloco nella sconosciuta città marsicana. Da quel giorno è iniziata una nuova vita per la famiglia Beltrame: sebbene nel corso del tempo gli impegni fuori e dentro casa occupassero gran parte delle giornate, Aldo ha continuato a documentare quello che aveva intorno, fedele al suo linguaggio. Nelle sue fotografie “abruzzesi” non c’è spazio per la nostalgia, non c’è il ricordo di quello che è stato, nessuna retorica dei bei tempi andati. Sono sguardi sul presente, diretta espressione del suo pensiero fotografico e di un’empatia impastata con una discrezione ruvida e autentica. Non ci sono cartoline, non ci sono pose. Sono fotografie di uno con l’accento “di fuori”.
Un volume dedicato al Gruppo Friulano per una Nuova Fotografia a cura di Italo Zannier – 2002
Mentre seleziono le immagini sullo schermo, Aldo racconta qualche aneddoto legato alle uscite nel Fucino. Gli era capitato di incontrare un contadino che voleva un ritratto da spedire alla mamma, in qualche paese dell’Est in cui non tornava da anni. Dopo aver sviluppato e stampato la fotografia, aveva provato a incontrarlo nuovamente al lavoro tra i campi, senza fortuna. “Per vedere il paesaggio del Fucino,” dice Aldo “devi andare in bicicletta. Con la macchina corri e ti sfugge il panorama.” In queste fotografie si ritrova un legame con il suo Friuli, tra i ricordi delle famiglie povere e i paesaggi di casa sua. Ed è approfondendo il discorso sulla lingua fotografica che aggiunge: “La fotografia va letta, va guardata. Io, addirittura, le fotografie mi piacerebbe metterle tutte in uno scatolone e tirarle fuori man mano. Così ogni volta è una sorpresa…” In quel momento vorrei dirgli che è stata quella stessa sensazione di sorpresa a portarmi da lui.
Fucino ©Aldo Beltrame / CRAF
In una foto scattata ai tempi del Gruppo Friulano per una Nuova Fotografia, c’è un ragazzo che sorride e tiene le mani sotto le ascelle: una sintesi perfetta di entusiasmo e timidezza. Paola me lo indica: “Ecco, quello è Aldo. O Olivo, come preferisci.”
In questa scia di coincidenze e nella rarità del nostro incontro, non mi sorprende che il vero nome di Aldo sia Olivo. Da quando il Lago del Fucino è stato prosciugato, di questo albero, attorno alle antiche sponde, se ne sono perse praticamente le tracce. Nel bianco e nero delle fotografie che ho davanti agli occhi è custodita una radice profonda della nostra memoria collettiva. Non potevano che essere firmate dall’ultimo Olivo del Fucino: Aldo Beltrame.
Alessio De Stefano
Voglio ringraziare il CRAF per la gentile concessione delle immagini e in particolare la dott.ssa Lara Zilli. Un ringraziamento speciale a Aldo Beltrame e Paola De Cecco per la loro amicizia e per la loro disponibilità.