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Fùcino. Acqua, terra, infanzia


Autore:
Roberto Carvelli

Anno:
2018

Casa Editrice:
il Sirente

Nel Fùcino mi sembra di essere nato e morto. Tutte le volte, infatti, in cui negli anni ho sentito l’impulso a ritornarci, è stato per celebrare un termine, per pregare su un sepolcro che, in parte, era anche il mio. Quello del me ragazzo. In questa campagna che, se la si osserva dall’alto, è un’ordinata scacchiera di tranci di terra montati geometricamente insieme come in un quadro di Paul Klee (uno tipo “Highway and Byways“), quasi una volta l’anno, sono andato a ricordare e dimenticare qualcosa che per diverso tempo mi è stato dentro con una sua urgenza e dopo il quale nulla è stato più tale. Ogni anno guidavo la mia macchina o facevo fermare l’auto di amici fino a quel caseggiato starato per le nostre esigenze vacanziere del tempo. L’intonaco, nel frattempo, aveva perso il blando grigio cementizio scelto da mio padre per rendere discontinua la cortina giallognola e trovato una mano di deciso marrone scuro a inframezzare il paglierino dei mattoncini. Il respiro si strozzava, qualcosa veniva trattenuto in una sintesi che non consentiva ricordi o film in flashback.
In questa campagna che, se la si osserva dall’alto, è un’ordinata scacchiera di tranci di terra montati geometricamente insieme come in un quadro di Paul Klee (uno tipo “Highway and Byways“), quasi una volta l’anno, sono andato a ricordare e dimenticare qualcosa che per diverso tempo mi è stato dentro con una sua urgenza e dopo il quale nulla è stato più tale.
Ogni anno guidavo la mia macchina o facevo fermare l’auto di amici fino a quel caseggiato starato per le nostre esigenze vacanziere del tempo. L’intonaco, nel frattempo, aveva perso il blando grigio cementizio scelto da mio padre per rendere discontinua la cortina giallognola e trovato una mano di deciso marrone scuro a inframezzare il paglierino dei mattoncini. Il respiro si strozzava, qualcosa veniva trattenuto in una sintesi che non consentiva ricordi o film in flashback.
 

Note:
Il dipinto “Fucinus Lacus” in copertina è di Ester Grossi.