Lo struscio e le sue rappresentazioni
Luoghi e pratiche dell’identità del mondo giovanile avezzanese
Autore:
Ernesto Di Renzo
foto di Giuseppe Bianchi
Anno:
1997
Casa Editrice:
Quaderni di provinciaoggi/24
Da Aosta fino a Trapani, passando per Lecco, Faenza, Spoleto e Cerignola, sciami di adolescenti dall’aria sbarazzina, bande di giovani dall’abbigliamento uniforme, gruppi di persone dall’età già quasi adulta, abbandonati gli impegni e le incombenze quotidiane e come attratti da un invisibile flusso di tipo magnetico-olfattivo, convergono immancabilmente verso il corso principale della loro città o la piazza centrale del loro paese per compiere la più importante e significativa liturgia che il mondo della provincia conosca e sappia celebrare: lo struscio.
Chiunque abbia avuto, per necessità lavorative o per motivi turistico-vacanzieri, una qualche esperienza di frequentazione di medi e piccoli centri urbani durante la fascia oraria che va all’incirca dalle 18,30 alle 20,30, magari di sabato o di domenica, è perfettamente in grado di comprendere di cosa precisamente si tratti: centinaia e centinaia di giovani, accalcati inverosimilmente a fil di gomito quasi a sfidare la legge fisica dell’impenetrabilità dei corpi, che si intrecciano, sostano, passeggiano chiassosamente nello spazio ristretto di poche centinaia di metri, a volte anche meno, tanto da impedire la libera deambulazione delle persone e rendere estremamente difficile la circolazione dei veicoli in transito. Giovani che, padroneggiando magistralmente e come da istinto tutti i codici della comunicazione verbale e non verbale, si osservano, scherzano, si divertano, si corteggiano e si confrontano a vicenda.
Testimonianza di una giovane studentessa:
Tu non hai idea di quanto possano essere rigidi gli orari della piazza. Sono così rigidi che noi diciamo che è come “timbrare il cartellino”, anche se questa espressione si utilizza pure per significare che non si salta nemmeno un giorno nell’andare a passeggio. Come se fosse una specie di dovere, insomma. Se una ragazza di diciannove anni come me prova ad arrivare prima delle sette e mezza è sicura che non troverà nessuno dei suoi amici e quindi è costretta a rimanere da sola fino al loro arrivo. Prima di allora, infatti, sono presenti solo i ragazzini di tredici o quattordici anni che, massimo dopo un quarto d’ora, devono rientrare a casa. Trovi poi anche quelli che noi definiamo gli “aficionados”, cioè quei ragazzi del Gran Caffè che sono lì in tutti i momenti della giornata e che sono sempre i primi ad arrivare e gli ultimi ad andarsene. Noi, generalmente, voglio dire quelli della mia comitiva, ci mettiamo sul marciapiede della piazza di fronte a Corrado. Arriviamo in piazza verso le sette e mezzo e andiamo via attorno alle otto e mezzo. E come noi fanno anche i gruppi che abbiamo intorno.