Thesaurus 1

Tre cose d’Abruzzo per iniziare bene l’anno nuovo.

Can – nel – lo – ni

Le lettere di Gabriele d’Annunzio ad Albina Lucarelli Becevello, la sua cuoca.

Gabriele d’Annunzio non era un mangione, questo lo sappiamo dalle sue biografie e dalle tante testimonianze delle persone che lo hanno frequentato. Però aveva delle passioni (fulminanti, si capisce) per alcune leccornie. E a dominare questo mondo sbuffante di pentole e intingoli era la sua cuoca del Vittoriale, Albina Lucarelli Becevello. In occasione della mostra “Arts & Foods, Rituali dal 1851” il presidente del Vittoriale, Giordano Bruno Guerri, ha raccontato diverse storie legate al rapporto del Vate con la cucina: “Il rapporto di D’Annunzio con il cibo era singolare. Direi che era molto disomogeneo: lui non era particolarmente attirato dalla tavola, però quando aveva ospiti la curava particolarmente, sia nell’aspetto estetico, sia  nell’aspetto culinario. Come mangiatore privato aveva gusti precisi ed esigenti. C’è una lettera bellissima che scrive ad Albina, alias Suor Intingola, dove dice: “Cannelloni! Cannelloni! Cannelloni! Sono diventato pazzo per i cannelloni, d’ora in poi voglio sempre che ci siano dei cannelloni pronti, anche freddi”, oppure descrive come vuole che siano battute le cotolette. Ha una passione sfrenata per le frittate, al Vittoriale lui aveva un pollaio molto vasto per avere sempre uova fresche e dava a Suor Intingola delle mance cospicue, pari al doppio di quello che guadagnava un impiegato, per una frittata fatta a regola d’arte.”

“Sei la più grande biscottaia del mondo biscotto” , si legge in uno dei suoi foglietti. Questa segnatevela la prossima volta che vi ritrovate davanti a una teglia appena sfornata da qualcuno che amate.

(intervista a Giordano Bruno Guerri: Expo 2015)

Due pastelli in un foglio solo

Amedeo Tedeschi – “Studio di alberi”  / “Studio per ritratto femminile”

Amedeo Tedeschi nasce a Pratola Peligna nel 1874, figlio di Giustino, notaio in  Pratola, e di Angelina De Marinis di famiglia nobile.
Amedeo decide di non seguire le orme del padre, ma amante di ciò che lo circonda e innamorato della natura e dell’arte, si trasferisce a Napoli dove frequenta l’accademia di Belle Arti sotto la guida di Domenico Morelli, un maestro dell’epoca, di Antonio Mancini e Teofilo Patini, suo conterraneo di Castel di Sangro.
Proprio con Teofilo Patini (del quale diviene intimo amico, tanto da essere lui stesso modello per il San Antonio affrescato nella chiesa della Madonna della Libera di Pratola Peligna), collabora nella realizzazione degli affreschi della navata, dei Quattro Evangelisti e  del Mistero della Trinità.

Tedeschi, in questo pastello su carta, ha realizzato due disegni: da un lato uno studio di alberi, dalla parte opposta uno studio per ritratto femminile, fieramente moderno e allo stesso tempo legato alla tradizione abruzzese (irresistibile il dettaglio della collana di corallo).

(fonte: Portale Cultura Regione Abruzzo)

Un amuleto (che fa sempre comodo)

Punta di freccia in pietra incastonata in una cornice d’argento come amuleto.

© The Trustees of the British Museum

Grazie a un dettagliatissimo saggio di Adriana Gandolfi dedicato agli amuleti abruzzesi, possiamo scoprire il significato e l’utilizzo di questo ciondolo ritrovato a Sulmona e conservato al British Museum:

Le cuspidi di freccia paleolitiche e le accette levigate del periodo neolitico erano considerate frammenti pietrificati di fulmini e saètte che colpivano il suolo e quindi chiamate saètte e pietre di fulmine; montate in argento venivano assicurate al capezzale del letto o portate indosso per scongiurare le folgorazioni dai fulmini durante i temporali e contro accidenti vari. Questo amuleto non doveva venire a contatto, nemmeno accidentalmente, con oggetti di ferro, poiché avrebbe “scaricato” i suoi poteri; per questo qualcuno usava conservarlo in un sacchetto di stoffa e, periodicamente, anche ungerlo con olio come una sacra reliquia di origine “celeste”.

(fonte: Amuleti – Ornamenti magici d’Abruzzo di Adriana Gandolfi)